Oggi le aziende hanno due priorità: avere un sistema di Information Technology sostenibile e le garanzie della sicurezza informatica. Secondo alcuni studi, infatti, l'impronta di carbonio delle attività digitali ammonta all'80% delle emissioni di gas serra, che proviene dalla produzione di dispositivi e dal costo dell'energia elettrica necessaria ad alimentare e raffreddare i centri per lo stoccaggio dei dati. 

"I nostri clienti sono principalmente grandi e grandissime aziende. Esiste una notevole disparità tra l'uso personale e quello industriale-professionale. In un data center professionale il 35% delle emissioni di gas serra proviene dalla produzione ed il 65% dal funzionamento; da noi in Ibm il 17% delle emissioni di gas serra deriva dalla produzione, dall'installazione e dallo smantellamento, e l'83% dall'uso dei nostri server aziendali", afferma il direttore di Tech Sales & Innovation dell'azienda Ibm-Francia, Hubert Lacaze, intervistato dal quotidiano francese "La Tribune". 

"Attualmente il 60% dei sistemi recuperati dai nostri clienti viene riciclato -aggiunge- in particolare attraverso la rigenerazione. Recuperiamo anche circa il 30% per la rivendita nel loro uso primario; ad esempio per produrre memorie o applicazioni in altri sistemi. E lo 0,3% finirà come rifiuto finale e quindi incenerito. Infine, naturalmente, stiamo lavorando al computer quantistico, con un involucro energetico radicalmente diverso, a più basso impatto, che può consumare fino a 100 volte meno per certi tipi di calcolatori".